Paestum
Arte Svelata - Un podcast de Arte Svelata

Catégories:
Versione audio: Paestum (oggi in provincia di Salerno) è il nome latino dell’antica città di Poseidonia, importante colonia magnogreca fondata verso la metà del VII secolo a.C., a un centinaio di chilometri da Napoli. Fu chiamata così dai Greci in onore di Poseidone ma in realtà fu devotissima ad Atena e a Era. Poseidonia raggiunse il momento di massimo splendore in età arcaica, a partire dal 560 a.C. I tre principali templi della città furono edificati a distanza di cinquant’anni l’uno dall’altro. Sono: il Tempio di Hera o Basilica (550 a.C. ca.), il Tempio ad Atena (500 a.C. ca.), una volta detto di Cerere, e il Tempio di Nettuno o Poseidone (450 a.C. ca.), detto Poseidonion. L’area del Santuario di Atena, con il tempio omonimo, si trovava a nord delle tre strade cittadine principali. Il Santuario di Poseidone, con i templi di Hera e di Poseidone, era nella fascia tra la strada di mezzo e quella più meridionale. I tre templi di Paestum furono tutti costruiti nel calcare locale, che solo nel Tempio di Nettuno ha assunto una calda patina dorata, forse perché tratto da un’altra cava. Gli edifici sono giunti a noi in buone condizioni e costituiscono una testimonianza fondamentale dell’architettura templare greca antica. In particolare, dimostrano come lo stile dorico abbia trovato nelle colonie della Magna Grecia una delle sue migliori espressioni. Per questo, il sito archeologico di Paestum, insieme a quello della vicina Velia, rientra nei confini del Parco del Cilento che, per l’importanza del suo paesaggio naturale e culturale e per la presenza dei due insediamenti, è stato riconosciuto dall’Unesco patrimonio dell’Umanità. Il Tempio di Hera (Basilica) Il Tempio di Hera, detto anche Basilica, fu edificato intorno al 550 a.C. e dedicato alla sposa di Zeus, la divinità più venerata a Poseidonia. Nel XVIII secolo, l’edificio non fu riconosciuto come tempio ma scambiato per una struttura porticata adibita a tribunale e sede delle assemblee cittadine, e per questo venne chiamato Basilica, nome con cui ancora oggi è noto. Si presenta, nel complesso, in buone condizioni, anche se mancano varie parti: i muri del nàos, le parti superiori della trabeazione, i frontoni, la pavimentazione e, ovviamente, la copertura. A differenza di altri edifici della stessa epoca, il Tempio di Hera presenta un numero dispari di colonne nei prospetti. È, infatti, un tempio ennàstilo, con nove colonne sui fronti, mentre sono diciotto quelle sui lati lunghi. ll rettangolo di base misura ben 24,52 x 54,30 metri allo stilobate, la parte superiore del basamento. La peristasi, composta da 9 x 18 colonne, si è conservata integralmente. Le metope e i timpani, perduti, erano quasi certamente privi di decorazioni scultoree, essendo ancora del tipo arcaico. Le metope erano lisce, forse solo dipinte, oppure rivestite da lastre di terracotta colorate di rosso e blu. Le colonne, in pietra calcarea grigia e alte 4,68 metri, presentano un’entasi molto accentuata e una marcata rastremazione; l’echino del capitello è schiacciato ed espanso e l’abaco piuttosto largo. Fusto e capitello sono uniti da un collarino decorato con piccole incavature regolari a forma di foglioline stilizzate. Il pronaos era tristilo, cioè presentava tre colonne in àntis, tuttora esistenti. All’interno del nàos, cui si accedeva da due porte laterali, si trovava un solo colonnato centrale. Delle 7 colonne originarie sono rimaste solo le prime 3. Invece dell’opistòdomos, nella parte posteriore, si trovava l’àdyton, un ambiente chiuso cui si accedeva dal nàos, anche in questo caso da due porte laterali. Tale stanza, presente anche in altri templi greci in Italia, conservava, probabilmente, il tesoro del tempio e ospitava la statua della dea. L’àdyton, il prospetto ennastilo e il colonnato unico interno sono senza dubbio gli elementi più tipicamente arcaici di questo tempio. Soluzioni analoghe sarebbero state decisamente abbandonate dall’architet...