Le tre Amazzoni
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Versione audio: Le amazzoni (dal greco amazòn, composto da alfa privativa e mazós, ‘senza mammella’) appartenevano, secondo la mitologia greca, a un popolo di donne guerriere, originario del Caucaso ma insediatosi nelle coste centrosettentrionali dell’Asia Minore. Queste donne, che combattevano a cavallo, armate di arco, ascia e scudo, erano così chiamate perché, secondo il racconto, usavano amputarsi la mammella destra con un disco di rame arroventato, per tirare meglio le frecce. Le amazzoni furono protagoniste di moltissime rappresentazioni artistiche, sia nell’ambito della pittura vascolare greca, sia in quello della scultura. Molti bassorilievi rappresentano le cosiddette “amazzonomachie”, ossia le mitiche battaglie combattute dalle amazzoni. Vi sono tuttavia tre opere, in particolare, che meritano una riflessione più approfondita. Si tratta di statue a tutto tondo scolpite, da grandi maestri dell’arte greca, nel contesto di una grandiosa competizione, e note come Amazzone Capitolina, Amazzone Mattei e Amazzone Sciarra. La competizione Secondo Plinio il Vecchio (storico romano vissuto nel I sec. d.C.), fra il 438 e il 435 a.C. fu indetta una gara per scolpire una immagine di amazzone ferita da destinare al Santuario di Artemide a Efeso (Plin., Nat. Hist., XXXIV, 19). I contendenti furono Fidia, Policleto e Cresila, assieme a Phradmon e Kydon. Furono i medesimi artisti a giudicare l’opera di ciascun avversario, assegnando la vittoria a Policleto. La scultura di Fidia arrivò seconda, quella di Cresila terza, quella di Kydon quarta e quella di Phradmon solo quinta. Leggiamo, infatti, in Plinio: «Piacque che fosse scelta quella più apprezzata degli artisti stessi, che erano presenti, con un giudizio, allora si vide essere quella, che tutti avevano giudicata seconda ciascuno dopo la propria». (Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXXIV, 53). Tutti gli originali sono andati perduti; per fortuna, conosciamo i modelli dei primi tre artisti, grazie a numerose copie romane che non solo attestano il grande successo di questi capolavori ma ci permettono di confrontarli. Purtroppo, l’assegnazione di ogni Amazzone al proprio autore è ancora oggetto di discussione: le opere sono molto simili e non presentano caratteri stilistici così definiti da consentire un’attribuzione certa. Inoltre, trattandosi di copie, potrebbero non essere fedelissime agli originali. È stata formulata un’ipotesi, tendenzialmente condivisa, che tuttavia dobbiamo presentare come tale. L’Amazzone Capitolina L’Amazzone ferita detta Capitolina potrebbe essere di Policleto, perché presenta proporzioni coerenti con quelle del Doriforo. La copia conservata ai Musei Capitolini è firmata da Sosiklès (o Sòsicle), uno scultore ateniese attivo alla fine del II secolo d.C. La figura femminile, sostanzialmente ponderata, scarica il peso del corpo sulla sola gamba sinistra, mentre la destra è flessa. Policleto, con il Doriforo, aveva già perfezionato la posizione ancata dei Bronzi di Riace (uno dei quali plasmato dal suo maestro Agelada), rendendola assolutamente sciolta e naturale. Eppure, sembra quasi che il grande artista stesse già ponendo le basi per il superamento di questo supremo equilibrio, come se le conquiste raggiunte fossero diventate non più solo un traguardo ma una base di partenza per nuove sperimentazioni. Osserviamo, infatti, che il busto della sua amazzone è sbilanciato verso destra, sul lato dov’è aperta la ferita, che la donna scopre rimuovendo il chitone con la mano. L’asse del corpo è chiaramente spostato rispetto al baricentro, e verso la parte instabile, poiché segue una linea ideale che congiunge il capo inclinato, la ferita e la gamba flessa. L’Amazzone Mattei Anche la cosiddetta Amazzone Mattei, che potrebbe essere di Fidia, presenta un esempio di superamento della ponderazione policletea. La donna, ferita alla coscia sinistra, tiene la gamba destra tesa ma si sbilancia verso la parte d...